martedì 27 gennaio 2009

Mangiar poco


Chi mangia poco frena l’ormone della crescita e resta sensibile all’insulina La ricerca dell’Università dell’Illinois: così si può vivere fino al 30% in più

Tutti, o quasi, vorremmo vivere di più. Come fare? C’è un sistema abbastanza semplice e funziona, già oggi (senza aspettare che gli scienziati trovino i geni dell’invecchiamento e il modo di farli esprimere al nostro organismo).

Basta mangiare poco.

Ma perché chi mangia poco vive di più? Questo fino a poco tempo fa non si sapeva. Adesso c’è qualche idea in più. Sembra che c’entrino l’ormone della crescita e l’insulina. Vediamo perché. Ricercatori dell’Università del Sud dell’Illinois — il lavoro è pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences — hanno studiato topi normali e topi cui era stato «spento» con l’ingegneria genetica il recettore per l’ormone della crescita (è la proteina cui si lega l’ormone della crescita, ormone che esercita le sue funzioni sulle cellule proprio grazie a questo recettore).

Metà degli animali veniva tenuta a dieta, l’altra metà aveva cibo a volontà. Gli animali normali a dieta sono vissuti di più di quelli che mangiavano liberamente. Fin qui niente di nuovo. Gli animali senza recettori per l’ormone della crescita vivevano a lungo, con o senza dieta, ma mai di più degli animali normali a dieta.

Vuole dire che:

1) ridurre le calorie della dieta è come tirare via il gene per il recettore dell’ormone della crescita;

2) le due cose insieme—poche calorie e non avere il recettore per l’ormone della crescita — non allungano la vita ancora di più. Questi esperimenti dimostrano che la vita degli animali (e non c’è ragione che non sia così per l’uomo) si può allungare un po’—del 30% circa —ma probabilmente non di più. Chi mangia tanto — uomini e topi — diventa resistente all’azione dell’insulina (è l’ormone che serve a utilizzare gli zuccheri che prendiamo con gli alimenti). Così l’organismo non utilizza bene gli zuccheri e c’è obesità, pressione alta, diabete e poi ci si ammala di cuore. I ricercatori dell’Illinois hanno documentato molto bene che i topi normali che mangiavano a volontà erano resistenti all’azione dell’insulina e questo si corregge bene con la dieta.

Anche l’ormone della crescita induce resistenza all’insulina. Spegnere il recettore corregge il difetto, tanto è vero che i topi senza recettori per l’ormone della crescita avevano comunque una buona sensibilità all’azione dell’insulina, con la dieta certamente, ma anche se li si lasciava liberi di mangiare quanto volevano. Studiare l’ormone della crescita e la resistenza all’insulina è quasi certamente un modo per capire di più dei meccanismi dell’invecchiamento, e persino per provare a fare un farmaco che possa allungare la vita (pillola della longevità o del buon invecchiamento). Ma ci sarà, un giorno o l’altro, un farmaco così?

È molto probabile. Costerà anni di lavoro e centinaia di milioni di dollari (o di euro), e quando arriverà sarà pubblicizzato come il farmaco dell’immortalità. E davvero allungherà la nostra vita? Forse, un po’. Proprio come succede adesso se uno mangia di meno. Qualche anno fa il professor Sirchia, allora ministro, aveva suggerito che i ristoranti riducessero le porzioni. Fu polemica, e si capisce. Ma è proprio così che si deve fare se si vuole vivere un po’ di più, al ristorante e — per chi ci va poco o mai — a casa.

Giuseppe Remuzzi

Fonte : http://www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/2006/05_Maggio/29/remuzzi.shtml

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