 Il  corrotto è il grande protagonista dei nostri giorni. Tanto da occupare  ormai da tempo, nei paesi sviluppati, il centro dell’attenzione  collettiva. Non solo nelle cronache politiche e giudiziarie, dove  naturalmente troneggia, ma anche in quelle finanziarie, militari,  ecclesiastiche, accademiche.
Il  corrotto è il grande protagonista dei nostri giorni. Tanto da occupare  ormai da tempo, nei paesi sviluppati, il centro dell’attenzione  collettiva. Non solo nelle cronache politiche e giudiziarie, dove  naturalmente troneggia, ma anche in quelle finanziarie, militari,  ecclesiastiche, accademiche. Chi  è però il corrotto, qual è la sua psicologia, come si diventa tali?  Cosa favorisce la moltiplicazione dei corrotti, perché in certe epoche  essi si moltiplicano, e in altre sembrano sparire?
 
        
L’osservazione  empirica, sia statistica che clinica, toglie di mezzo alcuni diffusi  luoghi comuni sull’argomento. Per esempio non è vero che la corruzione  sia figlia delle miseria, che chi accetta di farsi corrompere lo fa per  mancanza di mezzi. Questo nella realtà è piuttosto raro, mentre è molto  più frequente il rapporto tra comportamenti scorretti e illegali e  abbondanza di ricchezza, personale e collettiva. 
Quasi  sempre, è proprio nei periodi storici nei quali si sono create  rapidamente notevoli ricchezze, e quindi nuove e recenti classi agiate,  che si sviluppano comportamenti illegali per far crescere quei patrimoni  ancora di più, sempre più in fretta. 
La  corruzione è, insomma, quasi sempre un comportamento che tenta di  aumentare e moltiplicare una ricchezza conquistata recentemente, e senza  troppa fatica. La disponibilità alla corruzione ha in sé, come  dimostrano anche le cronache recenti, tratti del clima psicologico  dell’euforia (tipica appunto dei “boom” economici), coi suoi  caratteristici aspetti più o meno esibizionisti e mitomaniaci:  l’interesse per lo star system, il mito di arrivare a camminare su  qualche tipo di “red carpet”. 
Appare  comunque chiara, nella sottocultura della corruzione, la fatica a  contenersi, a tenere qualcosa per sé, che caratterizza invece sia le  situazioni di scarse disponibilità economiche, sia quelle di ricchezze  costruite nel tempo, attraverso la fatica e il lavoro. Dal punto di  vista psicologico e delle strutture di personalità, l’esperienza del  lavoro, dello studio e della fatica tende a sviluppare quei tratti,  anche morali, di introversione, e di disciplina necessari per affermare  la propria posizione nel mondo, mentre il trovarsi rapidamente con  ottime disponibilità di denaro svaluta sforzi e contenimenti, e  predispone all’orizzonte di “facilità” che la corruzione propone. 
E’  per questo che la sobrietà è un valore ed un comportamento, quasi  unanimemente condiviso nei momenti di sviluppo, mentre la corruzione e  l’esibizione del lusso tende poi a dilagare nei periodi immediatamente  successivi, quando si tratta di “digerire” quella ricchezza, di  incorporarla stabilmente sia nelle strutture produttive e politiche che  nei comportamenti e nei valori condivisi. E’ allora, nell’euforia  collettiva e già staccata da un solido rapporto con la realtà, che  affonda le sue radici la psicologia e lo stile della corruzione.
In  tutti i casi il corrotto è caratterizzato da un tratto di debolezza e  dipendenza da comportamenti collettivi (consumi “di prestigio”, stili di  vita reclamizzati dalle comunicazioni di massa), che rivela un  vacillante senso di sé, una sostanziale incapacità a “fare da soli”,  senza appunto gli aiuti forniti dalla corruzione.
Ma  siamo sicuri che aumentando le pene, la corruzione diminuisca? Che  ruolo hanno tutte le Autorità di Vigilanza oggi presenti nel nostro  ordinamento costituzionale?  
Ritengo  che il solo aumento delle pene non produca alcun effetto, se non quello  di alimentare il mercato della corruzione, innalzando vertiginosamente  le percentuali delle mazzette, essendoci ovviamente più rischi da parte  del corrotto.
 
Il  problema può essere combattuto e stanato cambiando le regole che oggi  sono utilizzate per l’affidamento di appalti di Lavori, Servizi e  Forniture. In qualche misura la lotta alla corruzione deve diventare una  sorta di infrastruttura civile, solida e condivisa.
Da  quando esiste una struttura di potere pubblico organizzato e fino a  quando esisterà, ci sarà sempre qualcuno che si lascerà tentare dalla  possibilità di utilizzarlo per scopi personali più o meno commendevoli.  Cancellare malaffare e corruzione pubblica è probabilmente un'utopia,  ridurli a fisiologia però no.
 La  massa di politici e burocrati preposta alla gestione dei moderni  sistemi di governo diventa un ceto autonomo che cerca di rafforzarsi  anche attraverso le sue prerogative e privilegi che diventano misura di  quel rafforzamento e qui si insinua potente il meccanismo della  corruzione nelle sue varie forme.
Chiunque detenga spicchi anche limitati di potere sa quanto forti siano le spinte al sentirsi al di sopra di tutto, legibus solutus o,  quantomeno, naturale destinatario di privilegi dati dal ruolo che si  occupa. Queste spinte sono tanto più forti quanto più si sale nelle  gerarchie verso livelli più distanti dal contatto diretto con la  pubblica opinione e con i destinatari delle decisioni. E sono tanto più  forti quanto più sono consistenti i fattori caratterizzanti  l'appartenenza alle gerarchie stesse.
È  un discorso che accomuna politica e burocrazia, ed è una parte della  spiegazione dell'allargamento nel corso degli anni della corruzione, dal  politico in senso stretto al burocrate pubblico, al militare, al  magistrato e così di seguito.
     Nella  maggior parte dei casi è la presenza di una gerarchia a provocare la  corruzione. Una società anarchica fondata su un'organizzazione sociale  orizzontale, che  vuole basarsi sul libero accordo, sulla solidarietà, sulle libere  associazioni, sulle unioni, sul rispetto per la singola individualità,  si presenta, a livello teorico, come idea di Società ideale, in quanto  considera l'essere evoluto, intelligente e responsabile a tal punto da  non aver bisogno di leggi, quindi non avrebbe nessun interesse a  corrompere o non subirebbe il rischio di essere corrotto.

  
Qui  risiedono alcune delle ragioni per cui occorre rivedere il sistema  delle prerogative di chi ha pubbliche funzioni di rappresentanza o di  gestione. «Decastizzare», per usare un brutto neologismo, è  indispensabile per ridurre i margini di autoreferenzialità e di opacità  in cui si annidano le tentazioni corruttive. 
C'è  forse stato un tempo in cui il meccanismo funzionava all'opposto:  ovvero le prerogative compensavano il ruolo di prestigio e allontanavano  le tentazioni. Ma questo non è più vero da quando la democrazia, e  quindi la politica, sono diventate di massa. Un'élite illuminata che già  godeva di privilegi nella propria vita privata e professionale poteva  permettersi di limitarsi a trasferirli nella vita pubblica, in alcuni  casi addirittura rinunciando a qualcosa.  
Berlinguer  parlava di questione morale nei partiti. Qui la questione morale è  organica al sistema, pervade tutte le sfere pubbliche, ed è  probabilmente già diventata uno dei fattori di debolezza della capacità  competitiva. Per  questo forse la riforma della politica dovrebbe essere la madre di  tutte le riforme. Ma è l'unica che non si può imporre per legge.

In  una società anarchica, si distingue nettamente l'organizzazione da  potere, autorità e gerarchia. Partendo dal fatto che potere, autorità e  gerarchia danno una libertà e una giustizia illusorie, perché sono  fondati proprio sul contrario della libertà e proprio sul contrario  della giustizia, in una società anarchica si segue il filo d'Arianna  dell'antiautoritarismo verso ipotesi organizzative di vita in comune,  che permettano una sempre maggiore realizzazione delle potenzialità  individuali e collettive.
Gli  anarchici prendono le decisioni comuni in maniera assembleare in cui si  mira a raggiungere l'unanimità su ogni decisione. Unanimità non  significa essere tutti completamente d'accordo su qualcosa, ma trovare  una sintesi tra le varie posizioni che non prevarichi nessuno.
La maggioranza non ha dunque alcun potere sulle minoranze. È quindi fondamentale l'orizzontalità del gruppo, cioè l'assenza di gerarchie.
La maggioranza non ha dunque alcun potere sulle minoranze. È quindi fondamentale l'orizzontalità del gruppo, cioè l'assenza di gerarchie.
I problemi sociali come il crimine e l'ignoranza e l'apatia delle masse sono un prodotto della stessa società autoritaria: mantenere  gli individui perennemente sotto un'autorità superiore fa sì che questi  non siano più capaci di comportarsi autonomamente, senza un capo  che gli comandi cosa fare; inoltre qualsiasi capo cercherà sempre di  mantenere il proprio potere, e quindi cercherà il più possibile di  rendere i sottoposti non autonomi, e di creare bisogni negli stessi  sottoposti (come la necessità di protezione dal crimine); di conseguenza  lo Stato non ha alcun reale interesse a risolvere i problemi sociali,  perché altrimenti verrebbe meno il bisogno del potere.  Chi più dello  Stato è corrotto?!?   Lo Stato è già di per sè corrotto e finchè continuerà a perdurare un sistema autoritario, la corruzione non si estinguerà mai. 
Fonte : http://claudiorise.blogsome.com/
http://www.lettera43.it/
Fonte : http://claudiorise.blogsome.com/
http://www.lettera43.it/
 
 
 

 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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